Sarajevo è un pugno in faccia

Una visita a Sarajevo è come un match di pugilato, dove tu hai il ruolo di sparring partner da prendere a pugni in faccia. Il primo che ti becchi è il ricordo della tragedia di fine secolo scorso: l’ assedio, i cecchini, la guerra e le sue devastazioni. Non è necessaria tanta memoria, ci sono ruderi e segni di proiettili in abbondanza per ricordartelo. Poi arriva subito l’ uno-due: una povertà vista ormai di rado in Europa. Almeno prima del COVID. La sensazione è quella di un’ emarginazione netta della Bosnia da parte dell’Europa che conta. Qui i restauri delle

Danzando sulla frontiera

Giocare con i confini mi è sempre piaciuto. Sin da quando ero bambino. Seguire le righe tratteggiate sulle tavole di un atlante, inscenare invasioni e ritirate o sognare di occupare un paese con un solo piede, come fece davvero una volta mia nonna alla sbarra triestina che divideva l’Italia dalla Jugoslavia. Solo che a quei tempi i confini erano una cosa seria. Garitte e filo spinato. Attese in coda con il passaporto in mano per ottenere il necessario visto. E sempre un po’ di batticuore. In fondo li costruivano apposta così i confini. Per intimorire. E questo quando la frontiera

Mix non metropolitani: il barbiere fotografo

E’ da tempo che credo di aver sfiorato il segreto dei barbieri; personaggi strambi, amanti delle parole, spesso innamorati del (loro) passato e restii ad accogliere i cambiamenti. Conosco barbieri in provincia che hanno ancora in negozio la poltrona a cavalluccio per poter meglio lavorare con i bambini. La seduta è rigorosamente di cuoio rosso, naturalmente. Andrea Semplici, che è un maestro, a Muro Leccese ha scovato il barbiere che vende giornali. Io sono andato un pelino più in là, più in profondità nell’ amabile lunaticità di questi signori; io ho scovato il “Barbiere Fotografo”. Si, sta scritto proprio così

Quaranta anni fa – Il terremoto d’ Irpinia

Quaranta anni fa, il 23 novembre del 1980, la terrà tremò, e novanta secondi dopo una porzione d’ Italia grande quasi quanto il Lazio era stata devastata ed in gran parte cancellata dalla carta geografica. Il terremoto d’ Irpinia presentò un conto di tremila morti, duecentoottantamila senzatetto, novemila feriti. Strade spaccate ed impercorribili, ferrovie danneggiate, stazioni crollate, linee elettriche fuori uso furono soltanto il corollario della tragedia. Giorni di tragedia e lutto Furono giorni di lutto, paura e gelo, perché assieme al terremoto calò l’ inverno, e per coloro che erano alloggiati nelle tende la vita si fece ancora più