Verso Mocăniţa – 3 LA FERROVIA

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Questa è la terza puntata del mio viaggio nel Maramures, nel Nord della Romania.
Le precedenti puntate sono qui (1) e qui (2).

Verso Mocăniţa - 3 LA FERROVIA
La stazione all’ alba

Ancora un mattino grigio, appena attraversato da un filo di luce; ombre azzurre sul piazzale infangato.
La stazione è già in attività.
Ci vogliono ore per portare a pressione una locomotiva a vapore.
Cigolii e fischi, i primi movimenti, poi si aprono le porte dell’ officina ed un fabbro grigio alza solo per un attimo la testa a scrutare i visitatori e si volge di nuovo verso l’ arancione del ferro incandescente che ha tra le tenaglie.

Verso Mocăniţa - 3 LA FERROVIA

La Mocăniţa si regge sull’ abilità degli artigiani. La linea ferrata ha più di cento anni ed è a scartamento ridotto: misure fuori standard che risalgono ai tempi dell’ impero asburgico.
E se si spacca un binario, per il peso eccessivo del convoglio o semplicemente per usura, le riparazioni si fanno a mano, con chiodi e fiamma ossidrica.

Aggiustare i binari sulla Mocanita
Aggiustare i binari della Mocanita
Verso Mocăniţa - 3 LA FERROVIA
Prova del binario aggiustato
Verso Mocăniţa - 3 LA FERROVIA
Terminato il lavoro Binario riparato

Allo stesso modo, le locomotive a vapore, non sono più prodotte da tempo. Pezzi di ricambio non ne esistono, vanno forgiati direttamente.

Daniel il frenatore

Alto e robusto, cappellino da baseball ed aria strafottente; Daniel ha occhi azzurri, un cognome ungherese ed è giovane. E’ uno dei frenatori del convoglio.

Frenatore. Lo scrivi e già pensi a Jack Kerouac.

Un frenatore del treno di un tempo, che non ama nessuno e vive duramente.

Il frenatore di treni in una casa rossa di culle rosse e gioiosi bucati la domenica mattina nel lieto cortile squallido.

Ma è un lavoro poco romantico e letterario, quello del frenatore.

Verso Mocăniţa - 3 LA FERROVIA Frenatore al lavoro

Con qualsiasi tempo e qualsiasi temperatura sta in piedi su un carro, pronto a girare la manopola del freno ogni qualvolta il macchinista glielo chiede. Le comunicazioni con la testa del treno avvengono a mezzo di fischietti e con un codice ben definito.
A parte l’ impegno di soffiare in un fischietto, quello del frenatore è’ un lavoro di forza: bisogna utilizzare le braccia per stringere i ceppi attorno alle ruote del vagone per frenarlo. La stazza fisica aiuta.

Esistono però anche tipiede mattine autunali quando il treno sale, non ha bisogno di essere frenato, e traina anche un carro carico di fieno profumato che viaggia verso gli alpeggi dell’ alta valle.

Verso Mocăniţa - 3 LA FERROVIA
Daniel il frenatore sul carro di fieno
Breve storia delle locomotive rumene e della loro fabbrica

E’ bella, nera e si chiama Cozia. Ha trent’ anni. Ha un solo difetto: è una locomotiva.

E’ stata costruita nel 1986. Sì, nel 1986, quando il mondo andava già da tempo a reazione, l’ alta velocità ferroviaria era una realtà in Francia ed in Giappone, lo Space Shuttle faceva le sue vittime. Nel 1986 in Romania si costruivano ancora locomotive a vapore.

E con orgoglio lo rivendicano.

Verso Mocăniţa - 3 LA FERROVIA
Locomotiva a vapore in uscita da un tunnel

Guarda questa locomotiva, è ancora un gioiellino” si inorgoglisce Daniel, indicandomene un’ altra, ben più grande della precedente e di nome Bavaria . “Le costruivano in Romania, nelle officine Reșița. Era il nostro vanto, l’ industria pesante. Oggi quelle fabbriche non ci sono più”.

Quella delle officine Reșița è una storia esemplare del passaggio da un’ economia statalizzata al mercato e dell’ abbandono forzato di attività di pregio ma che avevano il grave difetto di essere troppo capital intensive e non più supportate dalle finanze pubbliche.

Le due grandi aziende siderurgiche della città di Reșița, la Combinatul Siderurgic Reșița e la Uzina Constructoare de Mașini Reșița davano lavoro ad oltre diecimila persone e hanno prodotto quasi 1.500 locomotive, per le ferrovie romene, per le necessità dell’ Unione Sovietica ed alcune finanche per il Vietnam.

Verso Mocăniţa - 3 LA FERROVIA
Treno in marcia
Le privatizzazioni post-Ceausescu e fine della breve storia

Dopo la rivoluzione del 1989 e le privatizzazioni, sono passate in mani americane, poi russe ed infine svizzere, rimpicciolendosi ad ogni cambio di controllo ed avvicinandosi sempre più pericolosamente al fallimento.
Oggi realizzano lavorazioni leggere in metallo.
L’ officina delle locomotive è stata dichiarata monumento storico, ed almeno si salverà dall’ abbattimento.

La vita con il Comunismo era migliore” continua Daniel in un afflato di intimità.
Si viveva meglio, i servizi erano gratuiti e non erano peggiori di adesso“.

Ma la discussione muore quando gli chiedo la data di nascita.
E’ giovane il frenatore Daniel, così giovane che il comunismo lo conosce solo per sentito dire; è nato dopo la rivoluzione e Ceaușescu lo ha visto solo in immagini di repertorio.
Non è abbastanza giovane però per non ricordare l’ incertezza e la povertà degli anni successivi, la lenta e difficoltosa transizione verso l’ economia di mercato. E come capita ai giovani, mitizza ciò che non ha conosciuto.
Sorride quando gli racconto della Bucarest spettrale del 1980.

Mocanita
Il marchio della ferrovia

Cozia ha in bella vista l’ insegna CFF della Calea Ferata Forestiera, un’ aquila stilizzata con le ali che ricordano le due F dell’ acronimo; il convoglio di oggi prosegue con il tender già riempito di carbone, un vagone passeggeri in legno, il carico di fieno profumato destinato probabilmente ad un allevatore lassù in montagna ed una lunga fila di piattaforme vuote.
Saranno caricate di tronchi, una volta al capolinea.

La partenza

Si parte all’ alba e si inizia subito a risalire la valle costeggiando le case del paese e la strada di fango dalla quale ridiscendono carretti tirati da cavalli e bambini diretti a scuola, che giocano sfrontati tra i binari. Lo sanno che c’è un treno, ma sanno anche che è così lento, ma così lento, che in ogni caso faranno in tempo a scansarsi.

Mocanita
I bambini lungo la ferrovia

Solo pochi minuti, Cozia fischia ed il convoglio frena. Prima sosta, davanti ad un’ anonima casa con giardinetto ed inferriata.
Non ha per nulla l’ aria di una stazione, ma scendono tutti: Vassili e Vassili, i due macchinisti, Daniel e Daniel i due frenatori. Lungo la ferrovia sembra che i nomi vadano a coppie.
Altri due Daniel viaggiano con me.

Mocanita Fermata allo spaccio
Prima sosta nel passato

Una signora di mezza età apre la porta della casetta e mi trovo ad attraversare la soglia di una macchina del tempo: uno scaldabagno elettrico, un tubo al neon di età imprecisata, lungo le pareti scaffali che contengono in buon ordine frutta, verdura, scatolame, carta igienica e bottiglie dal contenuto alcoolico.
Sono entrato in uno spaccio casalingo, scheggia residua della Romania socialista, il risultato dell’ ingegno commerciale della gente del posto e della lontananza di Viseu dalla capitale.

Mocanita Dentro lo spaccio

Ho ancora memoria dei tempi di Ceaușescu, quando a Bucarest i negozi erano vuoti ed i migliori ristoranti avevano bicchieri di plastica similvetro e posate di latta che si piegavano anche solo a mangiare una zuppa.

E quella era la capitale.

Il Maramures

Il Maramures è invece sempre stato un posto remoto e povero anche per gli standard della Romania socialista.
Ma la lontananza ed i difficili collegamenti con Bucarest avevano un lato positivo: anche gli zelanti controllori del regime arrivavano con difficoltà, e con lentezza. Una lentezza sufficiente a che la notizia del loro arrivo si propagasse con il necessario anticipo.
E così, tra queste montagne, proprio al confine con l’ Unione Sovietica, prosperava sottotraccia una piccola, clandestina, economia di mercato. Qui potevi trovare la frutta e le verdure del posto, le grappe distillate in autonomia, finanche a volte carne; cinese, mi raccontano, ed arrivata fin lì non si sa come ed attraverso quali maneggi.

Mocanita Prima della partenza

Un tempo lungo la ferrovia gli spacci di questo tipo erano numerosi, come più numerosi erano anche i passeggeri del treno.
Se escludiamo i turisti (che qui non si fermano) oggi su questi treni viaggiano solo tronchi e qualche impiegato della compagnia. Un tempo lo sfruttamento della foresta era maggiore e più gente saliva a lavorare ogni giorno, e poi c’ erano anche i minatori che usavano il treno. Oggi le miniere sono chiuse.

Adesso ci sono i supermercati, tutto (o quasi) si trova dappertutto e degli spacci non c’è più bisogno.
Ma la signora con il fazzoletto in testa non se n’è accorta e continua imperterrita a vendere caffè solubili tiepidi, biscotti e cognac romeno agli operai ed ai meccanici. Ed anche a me. Lo zucchero lo prende da una lattina riciclata ed arrugginita.

Imparerò presto che questo non è un posto da caffè. Il caffè è per i signori che restano a valle con i piedi asciutti. Il caffè è per le domeniche quando non si lavora. Qui, lungo la linea, il liquido di elezione è un altro, trasparente ed alcoolico, da ingurgitare subito e da tenere di riserva per le lunghe notti buie e fredde su in montagna.

Fine 3 di 6.
Le puntate successive sono qui:

4 MATTINO TRA GLI ALBERI

5 LASSU’ IN CIMA

6 IL RITORNO
Le puntate precedenti sono qui (1) e qui (2).

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